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giovedì 22 settembre 2011

Il bambino "Vodafone"

Nella mia esperienza di  insegnante mi sono ritrovata spesso a riflettere sul mio modo di educare i bambini, sui valori che cerco di  trasmettere loro e sulle modalità che utilizzo per farlo e altrettanto soventemente mi sono domandata se stavo facendo bene, se era giusta la strada che  percorrevo o se al contrario mi dovevo limitare a molto meno lasciando il ruolo educativo alla famiglia ed occupandomi solo dell'istruzione.
Il confronto continuo con le mie colleghe;  gli incontri formativi promossi dal nostro istituto; la formazione attenta e continuativa di cui possiamo beneficiare grazie a corsi di aggiornamento ben preparati ed interessanti, l'autoformazione hanno contribuito a rafforzare le mie convinzioni e a darmi ulteriori sicurezze.
Come ogni anno scolastico attendo con ansia e curiosità gli incontri di aggiornamento, li trovo stimolanti e ricchi di spunti di riflessione ma anche di suggerimenti ed orientamenti operativi che possono contribuire a rendermi un'insegnante migliore.


Quest'anno si è parlato proprio di educazione ed istruzione, se la scuola debba istruire od anche educare ed è emerso che solo noi italiani, come al solito direi, facciamo questa distinzione, negli altri paesi esiste solo un termine "education" e così durante i convegni europei ci facciamo sempre la nostra bella figura.
Porto viva nella mente la frase di esordio del relatore "L'educazione non si infonde, si diffonde" come per dire che quello dell'insegnante non è un mestiere come tanti altri, quanto piuttosto un modo di essere di una persona che educa per come agisce e vive, per i valori in cui crede e l'esempio che da'.
Ed oggi più che mai, in una società in cui si ricerca l'utile e il facile, si sente viva l'esigenza di ritornare ai sentimenti ed ai valori. "L'uomo senza educazione si fa guidare dai bisogni" è per questo che dobbiamo cercare di educare eticamente i nostri bambini perché diventino dei bravi cittadini del domani, per questo dobbiamo abituarli fin da piccoli al rispetto delle regole del vivere comune, al rispetto per le persone e le cose, a tenere in ordine, ad utilizzare il linguaggio in modo corretto ed appropriato… in modo da trovare un proprio ordine interno, imparare a limitarsi e ricercare il perfezionamento di sé.
I suggerimenti sul come portare i bambini a questi traguardi, attraverso la valutazione proattiva, hanno fatto emergere un problema di cui spesso i genitori, e ahimè anche alcuni insegnanti, non si rendono conto e cioè che i giudizi sul bambino non andrebbero mai fatti, ma solo sui suoi comportamenti: << Vuoi tuo figlio intelligente, comincialo a pensare tale! >> (Bettelheim) ma anche che possiamo esigere il rispetto delle regole solo se anche noi le rispettiamo <<Vuoi educare alla democrazia, fai vivere il bambino in un contesto democratico>>(Dewey).
L'importanza del comportamento sociale e di lavoro, che implica avere una buona conoscenza di sé e dell'altro, riporta all'importanza della comunicazione e del controllo emotivo, della solidarietà e delle relazioni di aiuto, del rispetto si sé, dell'altro e della diversità. Rispetto dell'altro e del diverso che implica tolleranza raggiungibile se si insegna ai bambini a guardare le cose da ogni prospettiva, riflettendo, confrontando, facendo paragoni e raffronti: imparando cioè a "percepire"<< la percezione è la porta della conoscenza >> (Petter).
Sento di dover approfondire quest'ultimo concetto che credo molto importante per avviare i bambini  a diventare competenti, in grado cioè di saper risolvere problematiche reali attraverso le abilità, le conoscenze e l'emotività.
Un altro tema che mi ha molto coinvolta perché lo condivido profondamente è stato quello dello sviluppo della creatività e di come favorirlo nei nostri bambini (Munari, Loris Malaguzzi; sezioni come botteghe aperte...).
La riflessione sul curricolo implicito mi ha resa ancora più consapevole dell'importanza di una buona progettazione per promuovere gli apprendimenti spontanei nei bambini.
La definizione di "Bambino Vodafone, tutto intorno a me" descritta ha reso evidente la necessità ineludibile di ricercare sempre maggiormente l'alleanza delle famiglie, famiglie composte da genitori che danno tutto ai figli (a livello materiale) ma che non sanno più chiedere loro nemmeno piccoli sani sacrifici . E così crescono bimbi abituati a chiedere tutto, ma che non sanno più il significato delle parole attesa, sacrificio, condivisione... Ecco allora dove si inserisce il ruolo di noi insegnanti, cercare di educare i genitori attraverso un'alleanza possibile solo se noi educatori parliamo in modo chiaro, non in "pedagogese" e se esplicitiamo gli obiettivi, a breve termine, che intendiamo raggiungere con i nostri allievi.
Si è poi parlato della narrazione come valido strumento per arrivare, attraverso le storie, a  conoscere meglio se stessi e il mondo… da qui l'importanza di narrare storie significative, conosciute dall'adulto, preparate e non improvvisate in modo da ricercare domande di senso che possano far riflettere il bambino e portarlo a dialogare ed esprimere il proprio mondo interiore in modo partecipato insieme ai compagni e all'insegnante che deve farsi scriba del pensiero di ognuno rendendo le sue parole importanti e preziose.
Il luogo delle storie è una "casa di dialogo" dove il tempo è dilatato, rallentato, è lo spazio della libertà in cui non esistono le frontiere culturali e mentali ma solo condivisione ed intimità.

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